La tassazione delle criptovalute, inquadrate dalla nuova legislazione fiscale nella più ampia definizione di cripto-attività, a partire dal 1° gennaio 2023, ha ricevuto un organico e specifico inquadramento normativo con la legge di bilancio 2023.
Prima di questo intervento normativo, la tassazione sulle criptovalute veniva eseguita basandosi sull’assimilazione delle criptovalute alle valute estere.
Tale assimilazione, seguita per la tassazione sulle criptovalute, risulta oggi, con l’entrata in vigore della nuova normativa, completamente superata.
Il legislatore fiscale, difatti, ha introdotto un nuovo asset nell’ordinamento che ha denominato cripto-attività definendolo come «una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti e memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologia analoga», dettando per esso regole di tassazione nuove e specifiche.
È anche probabile che, a seguito del nuovo inquadramento fiscale dell’asset cripto-attività, si realizzi anche un minore uso del termine criptovaluta o cryptovaluta o semplicemente crypto, che è una sorta di species del più ampio genus cripto-attività, in favore proprio di quello di cripto-attività.
Quali tasse si pagano sulle criptovalute?
La nuova normativa fiscale, a fronte dell’acquisto, vendita e detenzione di una cripto-attività, ha previsto le seguenti imposte:
Imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze realizzate e su tutti i proventi, comunque conseguiti, per effetto della detenzione di una criptovaluta.
Imposta di bollo dello 0,2% sul valore delle criptovalute, trattenuta direttamente dall’intermediario residente in Italia che risulta obbligato ad inviare le comunicazioni periodiche relative alle cripto-attività e presso lo stesso detenute.
Imposta sul valore delle criptovalute dello 0,20% detenute al 31 dicembre di ciascun anno, dovuta in tutti i casi in cui l’imposta di bollo non è applicata dall’intermediario, ad esempio nel caso in cui le criptovalute siano detenute presso intermediari non residenti o archiviate su chiavi USB, personal computer e smartphone.
L’imposta di bollo e l’imposta sul valore delle criptovalute sono alternative, nel senso che, se si è pagata l’una, non si deve pagare l’altra.
Passiamo insieme ora ad analizzare, nel dettaglio, le regole ed i meccanismi con i quali questa nuova tassazione sulle criptovalute avviene.
Tasse su criptovalute: imposta sostitutiva su plusvalenze
In base all’art. 67 comma 1 lettera c-sexies del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, generano reddito diverso tassabile in capo alla persona fisica che lo produce, purché il reddito non sia conseguito nell’esercizio di attività d’impresa, arti o professioni o in qualità di lavoratore dipendente, in quanto, in tal caso, il reddito va inquadrato in tali categorie e tassato con le regole proprie di tali redditi.
Quindi, tralasciando come acquistare criptovalute, l’acquisto di un certo quantitativo di cripto-attività (esempio Bitcoin) eseguito da una persona fisica, privato investitore, ad un costo di 1.000€ e la successiva vendita della stessa quantità al prezzo di 3.500€, genera una plusvalenza, inquadrata dalla legge nell’ambito dei redditi diversi, di 2.500€ (3.500-1.000), tassabile con un’aliquota del 26%.
La tassazione dell’asset cripto-attività avviene, perciò, in modo del tutto analogo a quanto previsto per gli asset finanziari tradizionali come, ad esempio, le azioni, le obbligazioni ed i certificati di investimento.
Analogamente, se la vendita avviene ad un prezzo inferiore a quello di acquisto, si ha il realizzo di una minusvalenza che si può dedurre dalle plusvalenze realizzate.
I presupposti di realizzo della plusvalenza (cash-out)
Gli eventi che danno luogo ad un “cash-out” di cripto-attività da cui può scaturire una plusvalenza o una minusvalenza sono, essenzialmente, i seguenti:
- scambio di criptovalute verso una qualsiasi valuta fiat: tipicamente l’evento si verifica quando si vende una determinata quantità di criptovaluta, in cambio di una valuta tradizionale come, ad esempio, dollaro, euro ecc.
- pagamento di beni e servizi attraverso la cessione di una cripto-attività, anche con l’utilizzo di una carta di credito crypto
- swap tra criptovalute, ma in questo caso solo in determinate circostanze che saranno illustrate e di cui parleremo più avanti
Non è prevista la rilevanza di perdite materiali: pertanto, l’eventuale smarrimento o furto delle chiavi private o l’insolvenza di una controparte che non consente più di disporre della cripto-attività, non comporta una fattispecie fiscalmente rilevante che possa far rientrare la perdita subita nell’ambito delle minusvalenze fiscali.
Gli altri proventi tassati
La tassazione su criptovalute, pur attratta nell’ambito della tassazione dei redditi diversi analoga a quella degli strumenti finanziari tradizionali (azioni, obbligazioni ecc.), presenta alcune particolarità:
- irrilevanza dei costi accessori di acquisto: la normativa non consente di tener conto, nella determinazione dei redditi diversi derivanti dalle cripto-attività, dei costi inerenti all’acquisto e la cessione. Il costo o valore di acquisto, quindi, non è aumentato dei costi accessori quali bolli, commissioni, imposte.
- soglia minima di imponibilità di 2.000€: l’imposta sostitutiva del 26% è dovuta solo se le plusvalenze complessive conseguite, al netto delle minusvalenze dell’anno, e comprensivi anche degli altri proventi (ad esempio da Staking), non siano inferiori a 2.000€.
Quindi, supponiamo che nel corso dell'anno siano stati acquistati Bitcoin per il controvalore di 5.000€ ed Ethereum per 7.000€ e venduti gli stessi quantitativi di Bitcoin a 8.500€ ed Ethereum a 5.200€. A fronte di acquisti totali di cripto-attività per 12.000€ (5.000 + 7.000), le vendite ammontano a 13.700€ (8.500 + 5.200) con una plusvalenza complessiva di 1.700€ (13.700-12.000).
Ebbene, in questo caso, poiché la plusvalenza è inferiore a 2.000€, la plusvalenza non risulta fiscalmente rilevante e l’imposta sostitutiva del 26 % sulle criptovalute (cripto-attività) non è dovuta.
I 2.000€ rappresentano una soglia e non una franchigia: quindi, se la plusvalenza conseguita è pari o superiore ai 2.000€, l’imposta è dovuta sull’intero importo della plusvalenza e non sulla sola parte che eccede i 2.000€. (esempio plusvalenza 2.500€; imposta 650€: 2.500 x 26%)
- franchigia di 2.000€ per il trasferimento delle minusvalenze agli anni successivi: come accade anche con gli strumenti finanziari tradizionali, anche per la tassazione sulle criptovalute (cripto-attività) le minusvalenze realizzate in un anno che non trovano compensazione con plusvalenze realizzate nello stesso anno, si possono riportare agli anni successivi, ma non oltre il quarto, ma solo per la parte che eccede i 2.000€.
- compensabilità limitata delle minusvalenze: le minusvalenze eccedenti di un periodo d’imposta possono essere trasferite in deduzione di redditi diversi dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto, solo con riferimento agli stessi redditi diversi generati da cripto-attività. Le minusvalenze da cripto-attività, pertanto, non possono essere portati in deduzione dalle plusvalenze realizzati sugli strumenti finanziari tradizionali (azioni, obbligazioni ecc.) e viceversa.
La dichiarazione delle plusvalenze e minusvalenze, attraverso indicazione del totale dei corrispettivi conseguiti e dei relativi costi sostenuti, dev’essere effettuata con la compilazione del quadro RT – Sezione II-B della dichiarazione dei redditi Persone Fisiche.
La tassazione degli Swap tra criptovalute
Lo swap tra criptovalute si verifica quando avviene uno scambio di una criptovaluta (es. Bitcoin) con un’altra criptovaluta (es. Ethereum). Bene, abbiamo visto che anche lo swap rientra in quegli eventi che danno luogo ad un “cash-out” di cripto-attività e quindi può dare luogo ad una plusvalenza tassabile.
Tuttavia, la normativa esplicitamente trattando degli swap (permuta) tra cripto-attività ha stabilito che «non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni».
Come facciamo a stabilire se due cripto-attività hanno eguali caratteristiche e funzioni e quindi, se scambiate tra loro, non danno mai luogo a rilevare una plusvalenza fiscale tassabile ?
L’Agenzia delle Entrate, nella sua circolare esplicativa della normativa (Circolare N. 30 /E del 27 ottobre 2023), per inquadrare fiscalmente anche la pratica dello swap (permuta) tra cripto-attività, ha operato una sua classificazione delle cripto-attività per caratteristiche e funzioni.
Le cripto-attività vengono distinte in due categorie con le seguenti caratteristiche:
- “unbacked crypto-assets”, cripto-attività prive di un meccanismo di stabilizzazione che ne ancori il valore a un’attività di riferimento. Rientrano tra queste, ad esempio bitcoin, ma potrebbero essere ricomprese anche le cd. “stablecoins algoritmiche”, il cui meccanismo di stabilizzazione è basato proprio su un algoritmo che ne condiziona la domanda e l’offerta sul mercato, ma non supportate da riserve di asset reali.
- “asset linked stablecoins”, cripto-attività garantite da attività sottostanti (es. valute ufficiali, crediti, merci, etc.) che mirano a mantenere un valore stabile rispetto a una valuta fiat (es.€ o dollari), un bene specifico o un pool o paniere di attività.
Esemplificativamente si possono raffigurare le Caratteristiche nel seguente schema:
Sulla base della funzione economica svolta è possibile, invece, secondo l’Agenzia delle Entrate, effettuare una distinzione delle cripto-attività nelle seguenti tipologie:
- “token di pagamento”, ossia mezzi di pagamento per l’acquisto di beni o servizi oppure strumenti finalizzati al trasferimento di denaro e di valori
- “security token”, rappresentativi di diritti economici legati all’andamento dell’iniziativa imprenditoriale (ad esempio, il diritto di partecipare alla distribuzione dei futuri dividendi) e/o di diritti amministrativi (ad esempio diritti di voto su determinate materie)
- “utility token”, rappresentativi di diritti diversi, legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o il servizio che l’emittente intende realizzare (ad esempio, licenza per l’utilizzo di un software ad esito del processo di sviluppo)
- “non-fungible token” (“NFT”) è un token che rappresenta l’atto di proprietà e il certificato di autenticità scritto su catena di blocchi di un bene unico (digitale o fisico)
Esemplificativamente si possono raffigurare le diverse Funzioni nel seguente schema:
L’Agenzia dell’Entrate, nella sua circolare esplicativa, richiama anche un’altra classificazione applicabile alle cripto-attività ed è quella che fa riferimento al regolamento europeo MiCA (Markets in Crypto-assets Regulation) che introduce una disciplina armonizzata per l’emissione e l’offerta al pubblico di cripto-attività, nonché per i relativi servizi, che dovrà essere recepito dalle normative nazionali, in base al quale le cripto-attività si suddividono in tre categorie:
e-money token: un tipo di cripto-attività che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento al valore di una valuta ufficiale;
asset-referenced token: un tipo di cripto-attività che non è un token di moneta elettronica e che mira a mantenere un valore stabile facendo riferimento a un altro valore o diritto o a una combinazione dei due, comprese una o più valute ufficiali;
altre cripto-attività: sono tutte le cripto-attività diverse dagli “e-money token” e dagli “asset-referenced token” e quindi è una categoria residuale che comprende un’ampia gamma di cripto-attività.
Ciò detto, quando uno swap tra cripto-attività è fiscalmente rilevante ?
La normativa fiscale ci dice «non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni».
Quindi, ad esempio, se permuto una cripto-attività inquadrata nella categoria “unbacked crypto-assets” con un’altra della stessa categoria, e queste due cripto-attività hanno anche la stessa funzione, ad esempio, “token di pagamento”, la permuta non ha rilevanza fiscale e non sono da pagare imposte.
Viceversa, se con l’operazione di swap passo da una categoria all’altra o da una funzione all’altra, l’operazione è fiscalmente rilevante e si può configurare il realizzo di una plusvalenza o di una minusvalenza.
Allo stesso modo, se permuto una cripto-attività inquadrata nella categoria “unbacked crypto-assets” come, ad esempio, potrebbe essere Solana, con un’altra cripto-attività rientrante nella categoria “asset linked stabelcoins”, come potrebbe essere, ad esempio, Tether USDt, pur avendo le due cripto-attività la stessa funzione “token di pagamento”, la permuta ha rilevanza fiscale e se la stessa operazione dà luogo ad una plusvalenza, sulla medesima deve essere pagata l’imposta sostitutiva del 26%.
La tassazione degli Swap tra criptovalute
Ciò detto, una particolare e diverso inquadramento viene indicato dall’Agenzia delle Entrate alla permuta tra cripto-valute e stablecoin, per la quale viene fatto riferimento alla classificazione del regolamento europeo MiCA e che abbiamo, già illustrato in precedenza.
Per queste permute tra criptovalute e stablecoin, l’Agenzia delle Entrate ritiene che la permuta tra una criptovaluta e un e-money token, che garantisce il diritto di credito del possessore al valore nominale rispetto ad una valuta fiat, è fiscalmente rilevante.
Invece, la permuta tra criptovalute e asset-referenced-token, mancando per questi ultimi sia la condizione della classificazione come moneta elettronica, sia la condizione del rimborso del credito al valore nominale, non è fiscalmente rilevante.
Tasse criptovalute: l'Imposta di bollo
Così come già avviene con la comunicazione relativa ai prodotti finanziari tradizionali (azioni, obbligazioni, fondi di investimento, ETF) inviata dagli intermediari finanziari residenti in Italia, anche le comunicazioni periodiche che rendicontano le criptovalute detenute devono assolvere l’imposta di bollo nella misura dello 0,20% annuo del relativo valore.
Pertanto, se la detenzione delle criptovalute avviene attraverso uno qualsiasi degli intermediari residenti in Italia, sono essi che, agendo come sostituti d’imposta, provvedono ad assolvere per nostro conto l’imposta di bollo dovuta sul valore delle cripto-attività rendicontate e versarla all’erario, richiedendone, successivamente, il rimborso oppure richiedendo, in via anticipata, la provvista al cliente.
Quadro RW criptovalute: imposta sul valore dello 0,20%
Quando le criptovalute sono detenute attraverso un soggetto diverso da quelli citati, obbligati ad applicare l’imposta di bollo (intermediari residenti in Italia) e, quindi, si trovano presso intermediari esteri o archiviate su chiavi USB, personal computer e smartphone, a decorrere dal 1° gennaio 2023, trova applicazione una nuova imposta, denominata “imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sul valore delle cripto-attività”.
In buona sostanza, se non si paga l’imposta di bollo attraverso il sostituto d’imposta residente in Italia, occorre pagare, nella stessa misura del 2 per mille, l’imposta sul valore delle cripto-attività.
Tale imposta, assimilabile solo a grandi linee all’IVAFE prevista per gli strumenti finanziari tradizionali, ma con presupposti del tutto diversi, dev’essere pagata presentando il quadro RW criptovalute della dichiarazione dei redditi, indicando il valore delle cripto-attività al termine di ciascun anno solare, rilevato dalla piattaforma dell’exchange dove è avvenuto l’acquisto delle stesse.
L’Imposta sul valore delle cripto-attività deve essere versata con il codice tributo “1727” denominato “Imposta sostitutiva dell’imposta di bollo sui rapporti aventi ad oggetto le cripto-attività - articolo 1, comma 146, della legge 29 dicembre 2022, n. 197”.
Quadro RW criptovalute: adempimenti di monitoraggio fiscale
Indipendentemente dall’assolvimento dell’imposta di bollo e dal pagamento dell’imposta sul valore delle cripto-attività, il legislatore ha espressamente previsto che devono essere indicate, nel Quadro RW del modello dichiarazione Redditi Persone Fisiche, le cripto-attività e che gli obblighi di monitoraggio fiscale delle cripto-attività sussistono indipendentemente dalle modalità di archiviazione e conservazione delle stesse (e quindi anche su chiavi USB, personal computer e smartphone), prescindendo dalla circostanza che le stesse siano detenute all’estero o in Italia.
Cosa succede se non dichiaro le mie criptovalute ?
La mancata compilazione del Quadro RW del Modello dichiarazione Redditi Persone Fisiche è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3% al 15% dell’ammontare degli importi non dichiarati.
Tasse Crypto Italia: il regime amministrato
La legge di bilancio 2023 ha previsto (e si tratta di un’assoluta novità), la possibilità di optare, in alternativa al naturale regime dichiarativo, il regime del risparmio amministrato che comporta l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze e altri proventi derivanti da rimborsi, cessioni, permute o detenzione di cripto-attività, al momento del realizzo, da parte di un intermediario con cui il contribuente detiene uno stabile rapporto.
L’intermediario, in tal modo, opera da sostituto d’imposta.
Lo stabile rapporto può essere costituito, a titolo esemplificativo, da un rapporto di custodia delle chiavi crittografiche e da un conto sul quale vengono addebitati/accreditati i flussi derivanti dalle cripto-attività.
Gli intermediari abilitati a ricevere l’opzione sono le banche e le società di intermediazione mobiliare residenti in Italia, le stabili organizzazioni in Italia delle banche e delle imprese di investimento non residenti. Sono abilitati a ricevere l’opzione anche i già citati prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale ed i prestatori di servizi di portafoglio digitale iscritti nel Registro dei cambiavalute tenuto dall’Organismo Agenti e Mediatori (OAM).
Il contribuente esercita tale opzione rilasciando all’intermediario una semplice comunicazione scritta con la quale manifesta la sua volontà di optare per l’applicazione del regime amministrato. La comunicazione – per la quale non sono previste particolari formalità – può essere effettuata contestualmente all’apertura del rapporto ovvero, per i rapporti già in essere, in qualsiasi momento dell’anno, ma in quest’ultimo caso, con effetto dal periodo d’imposta successivo.