La tassazione nel trading online
Il tema del trattamento fiscale degli investimenti in attività finanziarie è stato spesso al centro del dibattito nel corso degli anni recenti con riferimento alle modalità di tassazione, nonché soggetto a frequenti cambiamenti in virtù della continua evoluzione del quadro finanziario globale.
Allo stesso tempo esso rappresenta uno degli aspetti meno conosciuti e forse più trascurati da coloro i quali decidono di fare trading online e di investire in borsa.
Qualunque investitore dovrebbe in realtà conoscere le basi della materia, al fine di poter consapevolmente scegliere tra l’applicazione del regime del risparmio amministrato oppure del regime dichiarativo.
Ma non solo: avere una giusta conoscenza di base delle dinamiche fiscali permetterà al trader di gestire al meglio l’operatività e di ottimizzare i rendimenti nel lungo periodo.
Le tipologie di reddito
Prima di addentrarci nei due regimi concepiti dal legislatore è opportuno innanzitutto fare chiarezza sui tipi di reddito che la negoziazione di strumenti finanziari come azioni, futures, ETF, CFD ecc. può generare. Essi sono:
- Redditi diversi di natura finanziaria: riconducibili ai proventi derivanti dal differenziale di acquisto e vendita di strumenti finanziari, chiamati comunemente plusvalenze (o capital gains in inglese).
- Redditi di capitale: i proventi che derivano da un rapporto che implica un impiego di capitale, come gli interessi, i dividendi e le cedole.
L’attività di trading online consiste principalmente nel tentativo di speculare tra il prezzo d’acquisto e il prezzo di vendita dei vari strumenti che l’industria finanziaria mette a disposizione del trader. Ogniqualvolta si genera un profitto di questo tipo, secondo il sistema fiscale si ottiene un reddito diverso di natura finanziaria.
Se invece l’investitore ottiene una remunerazione dalla sua detenzione passiva dello strumento finanziario, come ad esempio in seguito allo stacco di un dividendo per le azioni o delle cedole per le obbligazioni, secondo il fisco si tratterà di redditi di capitale.
Per usare il nostro calcolatore delle imposte sui dividendi per calcolare le tasse applicabili sui dividendi sia italiani che esteri.
Le aliquote applicabili
Nel corso degli anni le aliquote sulle rendite finanziarie hanno subito degli adeguamenti costanti (sempre al rialzo ovviamente!) fino a stabilizzarsi nel 2014 al 26% per tutti gli strumenti finanziari, ad eccezione dei Titoli di Stato che sono tassati al 12,50%.
Queste aliquote si riferiscono alle partecipazioni non qualificate.
A partire dal 2018 anche alle partecipazioni qualificate, le quali seguivano prima un trattamento fiscale differente, si applicano le stesse aliquote.
Ad ogni modo, essendo le partecipazioni qualificate poco pertinenti in un’ottica di trading online e piccoli investitori, non verranno approfondite in questa guida.
Come si realizza la tassazione
Come abbiamo già accennato in precedenza, una plusvalenza si realizza allorquando uno strumento finanziario viene rivenduto ad un prezzo superiore a quello di acquisto.
Nel caso opposto in cui il prezzo di vendita è inferiore al prezzo di acquisto, avremo realizzato una minusvalenza.
Esempio: Acquistiamo delle azioni a €50 e le rivendiamo a €60. Abbiamo così realizzato una plusvalenza pari a €10. Secondo le norme del fisco italiano dovremo versare all’erario il 26% del nostro capital gain, ossia €2,60. Lo stesso trattamento si sarebbe verificato se invece delle azioni avessimo negoziato CFD, futures, opzioni, bond, Forex. Il versamento di tale imposta ci manleva da ogni obbligazione verso il Fisco con riferimento alla plusvalenza realizzata.
E se invece avessimo rivenduto le nostre azioni a €40? Avremmo ahinoi realizzato una minusvalenza pari a €10. La buona notizia dinanzi ad una tale perdita è che il sistema fiscale permette al contribuente di compensare le minusvalenze con le plusvalenze future, così da evitare il pagamento delle imposte su di esse, nella misura massima della minusvalenza.
In poche parole, per quattro periodi d’imposta successivi a quello in cui si è realizzata la minusvalenza, non dovremo pagare le imposte su eventuali €10 di capital gains realizzati (ossia l’importo della minusvalenza come tetto massimo per la compensazione).
Posso compensare le minusvalenze con i redditi di capitale? Purtroppo la risposta è no. La distinzione mantenuta tra i redditi di capitale e i redditi di natura finanziaria non permette di realizzare una compensazione tra le suddette tipologie di reddito.
Per questo motivo potrebbero sussistere delle minusvalenze realizzate durante l’anno su un titolo e allo stesso tempo dei redditi di capitale sempre sullo stesso titolo (ad esempio dei dividendi staccati dalla società) sui quali viene regolarmente applicata l’imposta sostitutiva.
Calcolo e versamento delle imposte
A chi spetta il calcolo, la dichiarazione e il versamento delle imposte di cui sopra? Il legislatore ha previsto che il contribuente possa adempiere alle sue obbligazioni fiscali in diversi modi. Rimanendo nell’ambito specifico del trading online, l’investitore può scegliere il regime fiscale da adottare in fase di apertura di un conto d’investimento.
- Chi adotterà il “regime della dichiarazione” avrà l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi ogni anno in maniera autonoma.
- Chi adotterà il “regime del risparmio amministrato”, delegherà alla propria banca o broker la completa gestione fiscale.
In base a quale criterio un investitore sceglierà l’applicazione di un regime piuttosto che di un altro? Per stabilirlo occorre analizzarli entrambi per arrivare ad una conclusione personale.
Il regime dichiarativo
Con il regime dichiarativo il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi annuale. Tale operazione consiste non solo nel calcolare e indicare le plusvalenze e le minusvalenze realizzate durante l’anno fiscale, ma anche di dichiarare una serie di dati relativi a tutti gli strumenti finanziari posseduti.
Tali informazioni vanno inserite all’interno del MODELLO REDDITI (ex Modello Unico).
L’investitore che opta per il suddetto regime subirà la tassazione solo in seguito alla presentazione della domanda.
Questo comporta un primo vantaggio notevole derivante dalla posticipazione temporale del versamento delle imposte, laddove con il regime amministrato (come vedremo in seguito) il versamento avviene su base giornaliera, privando il trader di una parte della liquidità che potrebbe essere altrimenti investita.
Il regime dichiarativo permette inoltre di sommare e di compensare tra di loro tutte le plusvalenze e le minusvalenze generate durante l’anno, anche tra quelle di più conti.
Nel regime amministrato invece le minusvalenze realizzate possono essere compensate soltanto con plusvalenze future ed esclusivamente all’interno dello stesso conto.
Il regime del risparmio amministrato
Il regime amministrato è applicabile su espressa richiesta da parte del contribuente e richiede l’instaurazione di un rapporto con l’intermediario, il quale agirà da sostituto d’imposta.
In che modo un broker può agire da sostituto d’imposta? Per essere abilitati ad agire da sostituti d’imposta occorre avere una stabile organizzazione in Italia (ad esempio una succursale). Per questo motivo, molti broker esteri tra cui DEGIRO, Interactive Brokers, Plus500, eToro non permettono ai loro clienti di esercitare il regime del risparmio amministrato.
Ne consegue che ogni trader che ha un conto presso tali broker online è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi tramite il MODELLO UNICO per le attività di trading online effettuate durante l’anno.
Il regime amministrato presenta il vantaggio di mantenere l’anonimato grazie all’esclusione del monitoraggio fiscale (al contrario di quanto avviene col regime dichiarativo).
Ma soprattutto esenta l’investitore dal calcolo, compilazione e dichiarazione degli obblighi fiscali, in quanto l’intermediario si prende carico di tutto ciò. Il tutto a fronte tuttavia di una gestione fiscale poco efficiente, come spiegato nel precedente paragrafo.
Qual è quindi il regime fiscale più conveniente?
Ricapitolando col regime dichiarativo l’investitore effettua tutti i calcoli, indica i profitti/perdite nella propria dichiarazione dei redditi e provvede al pagamento delle imposte. Col regime amministrato il trader affida al proprio broker tutti gli adempimenti fiscali, dal calcolo delle plus/minusvalenze fino al versamento delle imposte.
Come dimostrato sopra, appare evidente come il regime dichiarativo permetta di raggiungere un’ottimizzazione fiscale per l’investitore, dando la possibilità di rimandare al futuro il versamento delle imposte e di gestire con maggiore autonomia le plusvalenze e le minusvalenze.
Questo si traduce nella possibilità di abbattere la base imponibile e conseguentemente di pagare meno imposte rispetto al regime amministrato. Quest’ultimo, al contrario, permette di mantenere l’anonimato e di semplificare la gestione della parte fiscale, delegando tutti gli oneri (e i rischi) all’intermediario.
Specialmente per i trader molto attivi e con un conto di trading contenente numerose operazioni, la preparazione della modulistica fiscale può rivelarsi fin troppo complicata. Questo potrebbe far propendere verso la scelta del regime amministrato, anche a discapito di uno svantaggio in termini economici.
Tuttavia si può ovviare a questo problema affidandosi ad uno studio commercialistico specializzato nella preparazione di report fiscali per i conti di trading. Tra i più affidabili e convenienti nel panorama italiano c’è tassetrading.it. Tale studio di commercialisti si avvale di un software proprietario per elaborare i report fiscali per ogni conto di trading, a fronte di una spesa davvero contenuta se comparata con quella standard dei commercialisti.
In questo modo qualunque trader può sfruttare i vantaggi del regime dichiarativo e ridurre al minimo il rischio di calcoli o errori nella presentazione della dichiarazione dei redditi. Anche il broker online DEGIRO, non essendo sostituto d'imposta, si affida a questo studio di commercialisti per la redazione dei rendiconti fiscali per i propri clienti.
Per maggiori informazioni riguardo gli argomenti trattati in questa guida e in particolare sul calcolo della fiscalità nei conti trading, ti suggeriamo di dare un'occhiata a questo sito specializzato per la fiscalità dei conti di trading esteri.
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Con il regime dichiarativo il contribuente è tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi annuale. Tale operazione consiste non solo nel calcolare e indicare le plusvalenze e le minusvalenze realizzate durante l’anno fiscale, ma anche di dichiarare una serie di dati relativi a tutti gli strumenti finanziari posseduti. Tali informazioni vanno inserite all’interno del MODELLO REDDITI (ex Modello Unico). L’investitore che opta per il suddetto regime subirà la tassazione solo in seguito alla presentazione della domanda. Questo comporta un primo vantaggio notevole derivante dalla posticipazione temporale del versamento delle imposte, laddove con il regime amministrato il versamento avviene su base giornaliera, privando il trader di una parte della liquidità che potrebbe essere altrimenti investita. Il regime dichiarativo permette inoltre di sommare e di compensare tra di loro tutte le plusvalenze e le minusvalenze generate durante l’anno, anche tra quelle di più conti. Nel regime amministrato invece le minusvalenze realizzate possono essere compensate soltanto con plusvalenze future ed esclusivamente all’interno dello stesso conto.